23.3.12

EXTRA: Magnifica presenza

Titolo: Magnifica presenza
Regia: Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Federica Pontremoli
Paese: Italia
Anno: 2012


 Storia di fantasmi, storia di presenze inquietanti e invadenti. Il nuovo film di Ozpetek, sin dal meraviglioso incipit, segna un’eccezionale virata nel percorso del regista. L’autore si lascia alle spalle le storie di famiglie opprimenti, dai toni estremamente melodrammatici, per virare sul fantastmatico e sulla commedia, per abbandonarsi al puro godimento dello sguardo e della visione.

 Pietro Ponte è un ragazzo di Catania sbarcato nella capitale per coronare il suo sogno: fare l’attore. Tra un provino e l’altro si mantiene facendo il pasticcere durante la notte, privo di amici avrà l’occasione di fare conoscenze nella sua nuova abitazione, condividendo le antiche stanze con misteriosi inquilini, fantasmi di attori provenienti da un’altra epoca e da un altro palcoscenico.
La superficie della storia raccontata dal film ricorda inevitabilmente L’angelo sterminatore di Bunuel e il Vogliamo vivere di Lubitsch, con una spruzzata finale di Pirandello per infarcire il tutto. In realtà questa storia, che sotto i nostri occhi si trasforma da inquietante a commovente, senza trascurare le tonalità ironiche, altro non è che un pretesto per parlare della solitudine nella società contemporanea. Una società-palcoscenico, in cui tutti sono costretti – e si sono abituati – a mettere in scena sé stessi, nascondendo dietro a trucchi ed espressioni gioiose ogni sofferenza, ogni problema e stato d’animo, come dimostra in ogni occasione l’incestuosa cugina di Pietro. Tutti recitano, tutti tranne Pietro, che infatti deve fare i conti con “i suoi fantasmi”, altri attori, costretti a fingere negli anni Quaranta per sfuggire al nazi-fascismo. Ozpetek mette in scena il rapporto totalizzante tra realtà e finizione, rappresenta la diversità e l’esclusione a cui è soggetto chi ancora non riesce a costruirsi un ruolo, ed è addirittura costretto ad avere due album di figurine perché non ha nemmeno un amico con cui scambiare i doppioni. Solo queste presenze, che collegano passato e presente, daranno a Pietro la forza di cercare la verità, di affrontare il duro palcoscenico della vita.
E lo stesso varrà per Pietro, una magnifica presenza senza cui i fantasmi del passato non potrebbero che rimanere persi nell’attesa di venire a conoscenza del finale, e della verità, sulla storia che li riguarda più direttamente: la loro vita. Il film eccelle per le scelte registiche che donano alla visione e ai personaggi un tono di assoluta ambiguità, obbligando lo spettatore a rivalutare, scena dopo scena, le immagini che ha visto. Chi è davvero Pietro, se viene così duramente accusato dall’uomo per cui si è spostato a Roma? Chi sono veramente tutti questi strani personaggi che gli ruotano attorno? Chi era realmente Livia Morosini, la donna di cui parlano ossessivamente i fantasmi? Chi sono gli uomini e le donne del film? Non a caso, nel ruolo della badessa appare Maurizio Coruzzi in abiti maschili (in arte Platinette, vero e proprio emblema della dualità e intercambiabilità di genere), a coronamento di questa difficoltà di creare nessi facili tra immagine e contenuto. Ozpetek sembra ribadire che tutto quello che vediamo, nel film così come nella società, è nulla se limitato al solo potere della visione. Senza creare nessi di significato, senza il ragionamento, non potremo che rimanere vittime dei nostri fantasmi e delle nostre insicurezze. Solo un insieme di collegamenti, tra passato e presente, tra realtà e finzione, tra sguardo e conoscenza, potrà renderci felici. Restermo pur sempre spettatori, come ci ricordano gli emozionanti titoli di coda, ma spettatori consapevoli, liberi di guardare e di guardarsi, liberi di abbandonarsi al racconto e alla visione, senza i quali saremmo anonime presenze che vagano per la Storia in cerca di attenzioni.

AF